L’etica della plastica in Caterina Tosoni

Tecnologia ed etica rappresentano un binomio che non sempre percorre un cammino parallelo:  spesso si manifestano oscillazioni, deviazioni, divergenze. Eppure il progresso, quando è circondato dall’etica, può evolversi in modo più armonico, ma non sempre questo accade. Il cammino estetico di Caterina Tosoni è intenso: indaga l’esistente, lo sonda con una capacità ineguagliabile che diventa sublime ricerca. La sua investigazione compare sin dai dipinti degli anni Ottanta che, seppure legati al figurativo, lasciano trasparire in nuce un’elevata sensibilità espressiva. Opere in cui alla perizia tecnica si consolida sin da subito un’attenta visione della vita: un impulso in cui si percepisce la vibrazione dei ricordi da cui emerge quella memoria istintiva di cui parlava Michel Proust, da cui si percepiscono odori, suoni, quali elementi/momenti esistenziali esperiti dall’artista nell’osservare il mondo.  Negli anni Novanta l’artista perviene ad un’innovativa estetica volta a ritrarre soggetti floreali macroscopici ed iperrealisti di notevole impatto, esaltati da sfondi velati in cui raffigura periferie industriali, palazzi in costruzione e traffico urbano.  La costante sperimentazione di  Caterina Tosoni fa sì che la sua indagine s’intensifichi di sempre vivide e peculiari connotazioni e che la sua poiesis si carichi di molteplici linguaggi espressivi. Sonda, con estrema sensibilità, l’equilibrio, talvolta precario, che sussiste nel binomio uomo-natura. In questa sua profonda ricognizione decide, nei primi anni del Duemila, di inserire degli elementi plastici e multidimensionali. Così facendo i suoi lavori si caricano di un’ulteriore dimensione tattile che dà una sorprendente risultante estetica e concettuale. I materiali sono elementi recuperati che si decontestualizzano però dalla logica del ready-made o dal trash  del riciclo e diventano un labirinto di significazione: gli oggetti di plastica acquisiscono nuova esistenza diventano pensieri e riflessioni e vengono abitati dall’eterno che lei stessa plasma nel suo fare creativo rendendoli idealmente immortali.  Inizialmente è sempre il fiore che compare con quella sua aulica sensibilità che solo la perizia di una pittrice come Caterina Tosoni sa restituire con così forte e disarmante bellezza. Fiore che è inno di vita ma altresì elemento fugace di tempo ritmico e di durata a cui vengono aggiunti elementi plastici: ne risulta un ensemble straordinariamente carico di esistenza, analizzato attraverso un’indagine scientifica che compie mediante  l’ausilio delle categorie dell’ethos, del logos, del pathos in cui la tecnologia rappresenta comunque un elemento della condizione umana. Fiore che, anche se diventa completamente “artificiale” poiché trasmuta da dipinto a oggetto plastico, trattiene ancora in sé quell’aura nonostante la sua apparente falsificazione.  Non a caso il termine Plastica indicava l’arte di modellare, il plasmare artisticamente le materie sulla base di un’idea, donando ad esse una determinata forma. Platone sosteneva che le cose sono tali perché imitano le idee. Anche la plastica, a seconda di come è utilizzata o dell’idea ad essa sottesa, può avere molteplici significati e varianti. In fondo questo materiale, derivando dal petrolio che a sua volta deriva dalla decomposizione di organismi, è organico. Antoine-Laurent de Lavoisier sosteneva che: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». L’arte di Caterina Tosoni sembra suggerire che: «Niente è cambiato, anche se tutto è diverso». L’età della plastica ha certamente diversificato le abitudini, ha colorato con i suoi prodotti la vita attraverso design ed energia. Una rivoluzione che ha lasciato un segno nel tempo come quando dal televisore in bianco e nero (in cui i cromatismi erano solo immaginabili con l’animo) si è passati a quello a colori. L’ausilio della plastica ha consentito di realizzare molti prodotti di uso quotidiano che alleggeriscono le incombenze della vita, oppure, se pensiamo alla chirurgia, le protesi biomediche, i dispositivi e le attrezzature ne hanno delle componenti. Il sottile filo su cui cammina la ricerca stilistica di Caterina Tosoni è quindi caratterizzato dal binomio tecnica ed etica, perché la plastica senza un uso consapevole può diventare la più grande fonte di inquinamento a causa della non biodegradabilità: la troviamo all’interno dei corpi degli esseri viventi ed entra nella catena alimentare, si deposita  sulle spiagge, si sgretola in piccoli coriandoli che mutano l’ambiente o in grandi chiazze negli oceani e nei mari; basti pensare al cosiddetto Pacific Trash Vortex, l’enorme accumulo galleggiante di Plastica formatosi presumibilmente sin dagli anni Cinquanta dovuto alla corrente oceanica che tutto ingloba, o alla recente scoperta delle rocce (definite plastiglomerati) nella spiaggia hawaiana di Kamilo.  Le opere di Caterina Tosoni rappresentano una riuscita ed ineguagliabile estetica che cambia il nostro modo di pensare, che amplia i nostri orizzonti visivi, che non ci lascia indifferenti e aiuta ad interrogarci. La saggezza di Socrate derivava dall’invitare l’altro al chiedersi il perché delle cose e qui siamo di fronte ad una forma d’arte che invita il riguardante a fare altrettanto, a conoscere se stesso ma anche la realtà che lo circonda. L’epoca in cui viviamo è indubbiamente fondata sulle contaminazioni, tanto da essere definita post-umana.  Gli innesti bio-tecnologici, le nanotecnologie e tutte le innovative scoperte scientifiche cambiano radicalmente gli aspetti dell’umano e la sua visione del mondo. Ma se da un lato migliorano le condizioni di vita dall’altro espongono ad una trasmutazione che può non rilevarsi positiva. Le sculture che realizza Caterina Tosoni dal 2005 in poi incarnano una lucida riflessione di questo contesto. Sorprendono per l’intensità visiva e la molteplicità di suggestioni che emanano. In questi lavori emerge anche quella straordinaria capacità di integrare materiali del passato con quelli del futuro ed un’abilità  nelle compenetrazioni tra gli oggetti. Sicuramente gli anni di studio del disegno anatomo-chirurgico sono  rimasti un’indelebile traccia esperienziale che ha consentito all’artista di raggiungere una perfezione senza eguali. I materiali inseriti nelle membra delle sue ideazioni post-umane non sono mai casuali ma sostituiscono i singoli organi, tessuti, muscoli, seguendo l’anatomia corporea in modo scrupoloso. Le serie concernenti le Metamorfosi sondano il regno  animale, vegetale, minerale. Si tratta di ricostruzioni plastiche che toccano temi come la clonazione, la modificazione, l’evoluzione. Il corno che viene integrato dai frammenti artificiali porta in sé la consapevolezza della storia che l’essere vivente ha vissuto, del mondo che ha esperito e contemporaneamente delle modificazioni a cui è stato partecipe e rimanda altresì ad elementi leggendari. Ma sarebbe riduttivo incanalare un percorso esperienziale in una descrizione che risulterebbe essere comunque manchevole. L’oggetto, diventando opera, assume i connotati di un’interrogazione esistenziale che è differente in ognuno di noi, perché si scontra e si completa con una peculiare visione del mondo. Allo stesso modo il legno ed il sasso subiscono queste integrazioni e descrivono con  la loro sostanza e materia agglomerazioni ideali o reali (plastiglomerati).  Si narra che sul fondo del vaso di Pandora (a cui è stato donato tutto), rimase intrappolata la virtù della Speranza. Nonostante le raccomandazioni di Prometeo (colui che pensa prima di agire), la donna, a cui Hermes il mercante aveva regalato la  curiosità, sollevò il coperchio  facendo fuoriuscire quei mali che agli uomini provocano il pianto. La sofferenza tramutò il mondo in una landa desolatamente inospitale poiché le infinite tristezze riempirono la terra e i mari di negatività. Allora Pandora aprì nuovamente il vaso e la speranza fuoriuscì rendendolo il mondo ancora abitabile.  L’etica della Plastica di Caterina Tosoni è un’intensa narrazione, intessuta di lungimiranza e speranza, che invita l’umanità, dotata di tutti i saperi e di tutte le tecnologie, ad usare questi doni con sapienza, senza aprire con superficialità il coperchio come nel mito di Pandora.

Paola Simona Tesio